Pisco |
Pisco sour |
Pisco quebranta |
ORIGINE DELLA PAROLA PISCO
Il lessicologo e professore universitario di Ica, César Ángeles Caballero, è uno degli studiosi che con la più intensa dedizione ha indagato sulle origini della parola “pisco”. Nei suoi libri “Peruanidad del Pisco” e “Diccionario del Pisco” fa una completa analisi e definizione della provenienza del nome, così come del suo legame primitivo e originale con il Perù. Angeles Caballero identifica quattro fonti – che lui chiama “Alvei” – all’origine della parola “pisco”, tutte vincolate ad un’area geografica determinata: la costa dell’attuale dipartimento di Ica, nel sud del Perù.
ORIGINE ZOOLOGICA
La prima fonte, o alveo, è quella zoologica: nella lingua quechua, parlata dai nativi della zona precolombiana, “pisku”, “pisscu”, “pishgo” o “pichiu” era il soprannome degli uccelli. Ancora oggi questi si trovano in grande quantità nella zona costiera di Ica. Angeles Caballero registra una serie di testimonianze di cronisti e lessicografi che partono dalla Colonia ed arrivano fino ai nostri giorni, in cui si dà conto di simile origine della parola.
ORIGINE TOPONOMICA
Pare evidente che dalla fonte zoologica la parola “pisco” evolva verso un nuovo alveo, quello toponomico: in conseguenza della sua abbondanza di uccelli, il luogo geografico cominciò ad essere chiamato dai nativi della zona con il nome di “Pisco”. Questa designazione, anteriore alla conquista spagnola, si mantiene anche dopo l’arrivo degli spagnoli. Così in diverse cronache, scritti e mappe si descrive l’area con questa denominazione. La prima carta geografica conosciuta del Perù fu elaborata dal geografo Diego Méndez nel 1574. Malgrado l’imprecisione della cartografia dell’epoca, lui identifica chiaramente già in quel momento il porto di Pisco, situandolo al sud della “Ciudad de los Reyes”, in quello che da lui vine designato come “Golfo de Lima”. Il nome di “Pisco” dato al porto ubicato nella costa sud del Perù fu profondamente assimilato dai suoi abitanti in particolare e da tutta la società coloniale in generale perché quando il Viceré del Perù, il Conte di Nieva, informa al Re di Spagna sulla fondazione di Ica, nel 1563, aggiunge anche che ha l’intenzione di “fondare un altro borgo con il nome di Pisco”, fondazione coloniale che, nonostante tutto, in quel momento non si concretò. Il 23 novembre del 1640, il Viceré Pedro de Toledo, Marchese di Mancera, decise di battezzare la zona con il nome di San Clemente di Mancera. Alcuni decenni dopo, verso la fine del diciassettesimo secolo, alla zona, dopo essere stata rasa al suolo da un terremoto ed assaltata dal pirata Edward Davis, viene nuovamente cambiato il nome con quello di “Villa de la concordia de Nuestra Señora del Rosario”. Malgrado tutto ciò, continuò ad essere conosciuta come Pisco, la sua antica denominazione. Una situazione simile e con la medesima sorte si visse anche durante la Repubblica quando, nel 1832, mediante una legge, si dispose che “il borgo di Pisco si chiamasse Borgo e Porto dell’Indipendenza”. Tuttavia il nome popolare continuò a vivere.
ORIGINE ETNICA
La terza fonte identificata da Ángeles Caballero è di carattere etnico: egli indica che dall’epoca preispanica un gruppo umano abitò nella zona attualmente occupata dal porto di Pisco. Questi nativi erano discendenti sia dall’antica cultura Paracas, sviluppatasi fra i secoli II a. C. e III d. C., che ebbe manifestazioni artistiche di altissimo livello, come i famosi tessuti policromati, sia dalla cultura Nazca, posteriore a quella di Paracas nella stessa zona fra i secoli III d. C. e XI d. C., molto famosa per la sua meravigliosa ceramica, caratterizzata dalla molteplicità dei colori impiegati e per la costruzione delle linee di Nazca (geroglifici di enormi dimensioni che formano delle figure antropomorfe, zoomorfe e diversi disegni geometrici. In questo gruppo umano, conquistato dall’Impero Incarico, durante il regime di Pachacutec (1438 – 1471), c’era una casta di vasai che venivano chiamati “piskos”. Uno dei prodotti caratteristici, di argilla, fabbricati dai piskos erano i recipienti utilizzati per immagazzinare ogni tipo di liquidi, in particolare la chicca ed altre bibite alcoliche, preparate a base di molle o cañigua. Secondo l’opera di Fernando Lecaros, la casta di vasai piskos fu utilizzata dagli spagnoli della Colonia per la fabbricazione di recipienti o giare, con la forma di anfore greche. Venivano elaborate in terracotta e ricoperti all’interno con cera di api silvestri. Vennero utilizzate per imbottigliare e trasportare il liquore d’uva prodotto nella zona di Pisco.
ORIGINE INDUSTRIALE
Infine, da tutte le fonte anteriori ne derivò una quarta che Ángeles Caballero chiama “alveo industriale”: è così che le anfore fabbricate dai vasai piskos cominciarono ad essere anche denominate “piscos”. Ed in esse si iniziò ad immagazzinare l’acquavite d’uva prodotta nella zona. Non è difficile immaginare che la denominazione fosse trasferita velocemente dal contenitore al contenuto, in modo tale che pisco non fu più soltanto il recipiente che custodiva il liquore, ma la bibita stessa che cominciò ad essere conosciuta con quel termine. |
Uva quebranta |
Vigneti in Ica |
Torchio |
Distilleria |
Cantina |
Giare d’argilla |
Pisco con Maca |
Ingredienti:
3 parti di pisco 1 di succo di lime 2/3 di zucchero liquido bianco d’uovo ghiaccio tritato
Preparazione
Si versano nel blender gli ingredienti e si frullano per qualche secondo, poi si versa in un old fashion e (a piacere) si guarnisce con cannella e gocce di angostura. |